Il bisogno di nutrizione non è il principale bisogno che viene soddisfatto, nel contatto pelle a pelle tra madre e bambino. Possiamo dire piuttosto che ad essere appagato sia il bisogno di protezione e accudimento, non meno importante di quello nutritivo. Questo perché l’esperienza dell’allattamento è una delle primissime e istintuali forme di contatto che il neonato sperimenta con il mondo, prototipo delle relazioni che avrà in futuro.

Allattamento e ricerca

Molti studi di “Infant Observation” hanno evidenziato come il neonato, già dalla nascita, se adagiato sul corpo materno, raggiunga, in totale autonomia, il seno. In alcune tribù ancora presenti in parti remote dell’America del Sud, il bambino, una volta nato, non viene subito preso, lavato, staccato dal cordone ombelicale, come nelle usanze occidentali. Viene bensì lasciato sul grembo materno morbido e vuoto, con il cordone ombelicale, vivendo per qualche minuto grazie alla doppia respirazione, e libero di arrampicarsi verso il seno, come se già sapesse dove si trova.
Le recenti scoperte invece, sottolineano come il contenuto chimico del latte materno possa incidere positivamente sullo sviluppo neuronale del bambino. Gli LCPUFAs (acidi grassi polinsaturi) contenuti nel latte materno umano, contribuiscono in modo critico allo sviluppo della sostanza bianca (mielinizzazione) durante l’infanzia, il che spiega il miglioramento del funzionamento cognitivo e intellettuale. La madre è in grado di innescare alti livelli di oppioidi endogeni, responsabili della piacevolezza delle interazioni. A loro volta, gli oppioidi endogeni innescano la produzione del fattore di rilascio di corticotropina nell’ipotalamo del bambino che, controllando la produzione di endorfina e ACTH nell’ipofisi anteriore, stimola la produzione di dopamina. La cascata biochimica che si attiva nelle interazioni tra madre e bambino, in una relazione di contatto intimo e durevole, favorisce la nascita di nuovi neuroni e la sintesi proteica.

Monitorare il proprio corpo: riconoscere i primi segnali della mastite.

Dedichiamo questo articolo alla mastite, diagnosi molto temuta dalle donne in fase di allattamento (e non solo), perché riteniamo che offrire alle donne strumenti adatti al monitoraggio della propria condizione fisica, possa contribuire in positivo nella risoluzione ottimale del rapporto di allattamento, dando giovamento soprattutto all’aspetto psichico-umorale della diade. La condizione psichica della madre che, nel vortice di tutti i nuovi eventi che conseguono la nascita di una nuova vita, deve far fronte ad una notevole resistenza fisica e mentale, e ogni imprevisto può gettare nello sconforto.

Localizzazione.

La mastite in allattamento è spesso l’estrema conseguenza di un ingorgo mammario o di un’ostruzione di un dotto non trattati, a cui si può sovrapporre un’infezione batterica da Staphylococcus aureus, a sua volta favorita dalle lesioni del capezzolo (le ragadi, provocate dalla scorretta suzione), che rappresentano una porta di ingresso per i germi. È un’area del seno sensibile, molto calda, a forma di cuneo, generalmente accompagnata da febbre che supera i 38,5 °C, tanto che i suoi sintomi possono essere confusi con quelli dell’influenza: dolore, febbre, infiammazione. Spesso può compromettere il desiderio di allattare di alcune donne, se però trattata tempestivamente, non rappresenta un motivo valido per la sospensione dell’allattamento. Continuare ad attaccare al seno il proprio bambino può essere, infatti, di grande aiuto per la guarigione.
Non solo in allattamento. Infatti la mastite non puerperale, ovvero l’infiammazione della mammella che può presentarsi in qualsiasi fase della vita della donna per fattori indipendenti dall’allattamento, è causata, oltre che dalla scarsa igiene locale, da uno squilibrio ormonale.

Una mamma che allatta come può riconoscere la mastite?
I sintomi sono molto fastidiosi, generano disagio e compromettono la qualità di vita nel corso del puerperio. Tra questi:
•  Dolori al seno, nella maggior parte dei casi unilaterali;
•  Presenza di una zona del seno calda e indurita con striatura rossa;
•  Febbre superiore o uguale ai 38.5°C associati a sintomi simil influenzali, quali brividi, dolori articolari, stanchezza, perdita di appetito, malessere generale, vampate, sudorazione, spossatezza e senso di affaticamento.

La mastite si contraddistingue rispetto a un semplice ingorgo mammario, per via della sintomatologia specifica appena descritta. Come detto, infatti, nel caso di mastite è frequente, oltre al fastidio e all’indurimento del seno, la comparsa di febbre, brividi e di una caratteristica striatura rossa. I tipici sintomi dell’ostruzione sono la percezione di un nodulo e l’arrossamento della pelle sopra il grumo.

Pericolo per il bambino?
L’allattamento al seno dovrebbe essere incoraggiato in presenza di mastite. Le mamme infatti spesso hanno paura che la mastite possa interferire con l’allattamento e far male al proprio bambino. È importante sottolineare che questo disturbo può essere curato con farmaci specifici compatibili e senza la necessità di sospendere l’allattamento al seno, a meno che non vi sia una richiesta esplicita, per motivi personali, da parte della donna. La suzione del neonato può essere un ottimo alleato per il processo di guarigione: un’interruzione improvvisa dell’allattamento potrebbe, al contrario, esacerbare la mastite e aumentare il rischio di formazione di un ascesso.

Cause.

La maggior parte dei ginecologi è concorde nel ritenere che molti casi di mastite nelle donne che allattano siano causati dalla stasi del latte o da infezioni, ossia quando:
–  Un bambino non adeguatamente attaccato, situazione che può essere risolta con l’aiuto di un’ostetrica, migliorando la posizione;
–  Anchiloglossia, una malformazione della cavità orale che limita i movimenti della lingua;
–  Allattamento infrequente, per esempio quando il neonato inizia a dormire tutta la notte, oppure una tendenza all’allattamento artificiale nei casi di allattamento misto;
–  Allattamento non suddiviso tra i due seni, per esempio perché un capezzolo è dolorante.
–  Vi è presenza batterica fisiologica sul seno, che potrebbe penetrare attraverso una piccola ferita oppure dalla bocca/gola del neonato durante l’allattamento;
–  Ragadi, piccoli taglietti o abrasioni sul capezzolo, indicative di un cattivo attacco del bambino.

Automonitoraggio seguito da consultazione medica: Perché prevenire è meglio che curare?

Nella maggior parte dei casi la mamma avverte sintomi simili a quelli dell’influenza alcune ore prima di notare che una parte di uno dei seni è arrossata e dolente. Appena compare questa combinazione di segni e sintomi è già ora di chiamare il medico perché è una conidizone clinica da non sottovalutare e in cui il legame tra psichico e fisico è molto forte e condizionante.

La madre funge da contenitore emotivo e corporeo. È anche vero che un forte stress possa influire negativamente nel rapporto di allattamento. Non è infatti importante sforzarsi nell’allattamento esclusivo al seno: è importante che l’allattamento, che sia naturale o artificiale, sia senza stress. Pertanto resta un rapporto soggetto a numerose variabili intervenienti che è bene considerare. Le tanto diverse quanto naturali attitudini del neonato potrebbero intimorire la madre rischiando di trascinare la coppia madre-bambino in un dialogo compromesso, poiché disturbato da rumori di fondo. Così l’allattamento, che ha tutte le possibilità di essere fonte di ricchezza e di stimolo per i due partner quando soddisfa desideri e calma timori, al contrario, laddove esso conferma le paure o determina delle delusioni, rischia di divenire un comportamento ripetitivo sempre più patologico e carico di ansia.

 

A cura della Dott.ssa Giovanna Giarrusso